I Mille Volti di Michelangelo

Michelangelo Buonarroti nacque in un piccolo sobborgo dell’entroterra toscano in provincia di Arezzo nell’anno 1475. Pittore, scultore, architetto e persino poeta è considerato uno dei più grandi artisti che l’Italia abbia mai conosciuto. Il mito legato a questo artista non è dovuto solamente all’enorme quantità di capolavori che egli ha maniacalmente concepito e realizzato, ma alla sua incredibile personalità solitaria e al tempo stesso geniale che hanno portato più volte gli storici ad attribuirgli le patologie mentali più diverse. Diverse leggende ancora oggi alitano intorno alla figura leggendaria di uno dei geni più grandi che la nostra Italia rinascimentale abbia mai ospitato, ma sono tutte false teorie oppure c’è un fondo di realtà?

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Per capire approfonditamente la personalità di Michelangelo, è indispensabile dare almeno uno sguardo alle sue opere.

Siamo nel 1497, Roma. Il papa Alessandro VI indice un concorso per la realizzazione di quella che diventerà una delle opere più famose del mondo: la Pietà Vaticana. Un giovanotto di poco più di vent’anni la spunta, realizzando ciò…

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Pietà Vaticana (1497-99); materiale: marmo; tecnica: scultura; dimensioni: 174×195×69 cm; ubicazione: Basilica di San Pietro (Città del Vaticano)

Persino un signorotto come il Vasari dovrà scomodarsi cinquant’anni più in là per elogiare la sublime eleganza dell’opera:

” Non pensi mai, scultore né artefice raro, potere aggiungere di disegno né di grazia, né con fatica poter mai di finezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michelagnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte . “

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Il talento del giovane non spicca solamente nelle opere scultoree, ma trova un’eccelsa espressione anche nella realizzazione di pitture, affreschi e addirittura nella progettazione di edifici e opere pubbliche, ma l’incredibile portata dei suoi capolavori lascia di stucco ancora oggi: dal critico d’arte al turista fai da te, non si può non rimanere a bocca aperta nella contemplazione di così tanta grandiosità…

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Giudizio Universale (1536-41); tecnica: affresco; dimensioni:1370x1200cm; ubicazione: Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano

 

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Volta della Cappella Sistina (1508-12); tecnica: affresco; dimensioni: 4093×1341 cm; ubicazione: Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano
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Tondo Doni (1503-04); tecnica: tempera su tavola; dimensioni: 120x120cm; ubicazione: Galleria degli Uffizi, Firenze
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Cupola della Basilica di San Pietro (1549-1612); dimensioni: diametro: 42m, dalla base alla sommità della lanterna: 130m

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le opere presenti subito qui sopra sono solamente un assaggio di quello che in realtà è un incredibile testimonianza dell’arte in senso completo, eterogeneo. Ma c’è un volto di Michelangelo meno conosciuto, sul quale soffia un vento di incertezza, di mistero e quasi di inquietudine: il nostro genio non era solo abile nel dipingere, scolpire, forgiare i materiali grazie al suo ingegno, ma era capace di trasmettere delle profondissime emozioni attraverso le sue opere magnifiche, sottolineando non solo l’espressione della sua filosofia, ma facendo specchiare in esse la psicologia di ciascun osservatore, in maniera tale che ognuno di noi prova sentimenti diversi nell’osservazione dei suoi capolavori.

Non solo pittore, scultore, architetto o poeta, ma anche filosofo e psicologo … Non male eh?

Siamo nel 1901, un certo Sigmund Freud, insomma non una persona qualsiasi, si trova in viaggio verso tutte le principali città europee, quando viene affascinato dalla bellezza sublime dell’inestimabile valore artistico di Roma. Come ben conosciamo, Roma è ricchissima di opere d’arte, in particolare di quelle di Michelangelo, che a quanto pare suscitano nel famoso psicoanalista forti emozioni che lo spingono a pubblicare nel 1914 il Mosè di Michelangelo, incentrato sull’omonima opera dell’autore toscano.

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Mosè (1513-15, ritoccato nel 1542); tecnica: scultura; materiale: marmo; altezza: 235cm; ubicazione: Basilica di San Pietro in Vincoli, Roma

Il Mosè rappresentato da Michelangelo risulta diverso da tutte le altre interpretazioni di questo personaggio biblico: Freud individua nello sguardo rivolto verso sinistra dell’imponente opera, una serie di caratteristiche che testimoniano ira e tensione, mentre la mano che si perde nella folta barba indica un segno di esitazione e di incertezza. Le tavole della legge poste quasi in secondo piano che rischiano di scivolare alla prima mossa del gigante, indicano la precarietà e la fragilità della psiche umana: Mosè infatti sta vivendo un conflitto interiore, scaturito dalla profonda delusione che ha subìto dai suoi seguaci. Ma tutte queste incertezze vengono superate dalla rocciosa rappresentazione della fede in Dio, impersonata nella possente figura di Mosè seduto sul trono delle sue vesti.

 


 

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David, particolare del volto (1501-04); tipologia: scultura; materiale: marmo bianco; dimensioni: 410x199cm; ubicazione: Galleria dell’Accademia, Firenze

 

Beato Angelico

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Luca Signorelli, presunto ritratto del Beato Angelico, particolare dalla Caduta dell’Anticristo (1501 circa), Duomo di Orvieto

Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro detto Beato Angelico o Fra’ Angelico fu un pittore nato a Vicchio, nel Mugello nel 1395. Il soprannome “beato” gli venne dato dal Vasari, anche se nel 1982 venne effettivamente beatificato da Papa Giovanni Paolo II. Caratteristiche delle sue opere sono la continua esaltazione dei temi religiosi e la mistificazione dei dipinti e degli affreschi. Si sa poco della sua giovinezza. Prese i voti per diventare frate presumibilmente nel 1421 nell’ordine dei domenicani. Al 1423 risale la sua prima opera: egli dipinse una croce per l’Ospedale di Santa Maria Nuova. Dal 1429 al 1440 egli si trasferì al convento di San Domenico di Fiesole, per andare in seguito a Firenze, Roma e Orvieto.


Tra le sue opere più importanti si annovera l’Annunciazione.

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L’Annunciazione; misure 154 x 194 cm; tecnica: tempera su tavola. Ubicazione: Museo del Prado, Madrid.

Realizzata entro il 1435, l’opera rappresenta l’annunciazione della Vergine Maria. Dal forte carattere simbolico, la tavola presenta a sinistra anche Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. L’uso della prospettiva scientifica e di colori accesi, con il contrasto ridotto al minimo, risaltano la religiosità e la spiritualità del quadro, che culminano con l’allegorica rappresentazione dello Spirito Santo tramite il simbolo della colomba e la luce del sole.


Tra i numerosi dipinti del Beato Angelico a San Marco a Firenze bisogna citare la Crocifissione del chiostro di San Marco e la Trasfigurazione.

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Trasfigurazione; misure 189 x 159 cm; tecnica: Affresco. Ubicazione: Museo Nazionale di San Marco, Firenze.

La “Trasfigurazione” è uno degli affreschi del pittore che decorano il convento di San Marco a Firenze. Esso venne realizzato su commissione di Cosimo de’ Medici nel 1438. L’opera enfatizza la grandezza di Cristo davanti ai tre apostoli Pietro, Giacomo il Maggiore e Giovanni. La luce, l’uso della sezione aurea con la figura di Gesù che divide in due parti il dipinto incarnano alla perfezioni i canoni del Beato Angelico e cercano di saldare i nuovi principi rinascimentali.


Dopo altre numerose commissioni, Beato Angelico morì nel 1455 a Roma e venne sepolto nella chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva.

Lorenzo Ghiberti

Lorenzo Ghiberti nacque a Firenze nel 1378. Orafo, scultore, architetto e scrittore d’arte si formò nella bottega del padre dove apprese le arti scultoree, delineando il suo stile tardo gotico. Le caratteristiche di questo stile sono il naturalismo e l’attenzione ai dettagli, una rivalutazione dell’arte classica, utilizzando una prospettiva più intuitiva che scientifica.

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Autoritratto, porta del Paradiso, Firenze

La sua carriera scultorea ebbe una svolta nell’occasione del Concorso per la Porta nord del Battistero di Firenze nel 1401.


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Battistero di San Giovanni, Firenze, XI secolo ca


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Ghiberti, Sacrificio di Isacco, formella per la competizione della porta del Battistero (1401), bronzo parzialmente dorato, Firenze, Museo Nazionale del Bargello, cm 45×38

La sua formella fu quella giudicata vincitrice da una commissione di 34 membri. Il tema raffigurato è quello del Sacrificio di Isacco.

La sua interpretazione della scena è costituita dalla rappresentazione della staticità delle forme, enfatizzando un’armonia e una classicità nel riempimento degli spazi.


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Formella di Ghiberti.                                  Formella del Brunelleschi.

Nel confronto tra le due opere si evince la differente interpretazione del tema: a differenza di quella di Ghiberti, la formella di Filippo Brunelleschi tende a sottolineare la drammaticità e la dinamicità delle figure. Anche lo spazio viene diviso in maniera diversa tra i due scultori: nel bassorilievo di Ghiberti la scena segue un andamento obliquo, focalizzando l’attenzione della scena sulla destra; mentre in quello di Brunelleschi la scena occupa tutto lo spazio a disposizione e vi è una divisione orizzontale che accentua i protagonisti in alto.


Dopo il successo ottenuto, a Ghiberti vennero quindi commissionate entrambe le porte rimanenti del battistero:

  • la Porta nord (realizzata tra il 1403 e il 1424) divisa in 28 cornici quadrate;
  • la Porta del Paradiso (realizzata tra il 1425 e il 1452) divisa in 10 scomparti.
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Porta del Paradiso; bronzo dorato 5,99 x 4,62 m; tema: storie bibliche. Ubicazione: Museo dell’Opera del Duomo(una copia nel Battistero), Firenze.

Nella sua seconda porta, l’artista utilizza lo stile dello “stiacciato”, tecnica introdotta da Donatello, per simulare la profondità tra i personaggi biblici e lo sfondo. L’uso della prospettiva non è rigoroso e l’opera segue i canoni di transizione tra l’arte tardogotica e quella rinascimentale.


Tra il 1412 e il 1420 egli scolpì numerose statue, come ad esempio quelle della chiesa di Orsanmichele, tra le quali spicca il San Giovanni Battista. In tutte le sue opere sono presenti i caratteri del gotico internazionale.

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San Giovanni Battista; materiale: bronzo; h=2,88 m. Ubicazione: Museo di Orsanmichele, Firenze.

Lorenzo Ghiberti morì nel 1455, lasciando un segno profondo nell’evoluzione dell’arte scultorea prerinascimentale, gettando le basi per nuovi canoni estetici.